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Punti nascita: governo conferma intenzione di rivedere il Piano nazionale del 2010

“Una forte denatalità, unitamente ad una oggettiva carenza di professionisti di ambito materno/neonatale, sta cambiando in modo importante lo scenario del nostro territorio. La coincidenza di questi due elementi potrà consentire al Ministero della salute, con l’ausilio del Comitato Percorso Nascita nazionale ed in condivisione con le Regioni, di ridisegnare l’architettura della rete dei Punti di Offerta, ospedalieri e territoriali, nell’ambito Materno Infantile”.

Ad annunciarlo è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro rispondendo la settimana scorsa in Aula alla Camera a un question time sul tema presentato da Beatrice Lorenzin (Cp) che ha chiesto “se il Ministro Grillo ha intenzione di rivedere i criteri per individuare gli standard minimi dei punti nascita”.

Questa la risposta integrale di Fraccaro:  “Si risponde con gli elementi forniti dal Ministro della salute, impossibilitato a partecipare per motivi di salute. Il Ministro condivide pienamente il principio ispiratore dell’Accordo Stato Regioni del 16 dicembre 2010, che “governa” tuttora la disciplina dei punti nascita. Tale Accordo muove, infatti, dalla consapevolezza che un punto nascita in cui non si raggiunga un sufficiente numero di parti all’anno è una struttura sanitaria che, proprio per la mancanza di una significativa casistica, non è in grado di assicurare quegli standard di sicurezza che debbono essere garantiti alla partoriente e al nascituro. Detto questo, è pur vero che sono passati quasi 10 anni dall’Accordo Stato Regioni e che, in questo lasso di tempo, sono mutate alcune importanti circostanze oggettive.

Innanzitutto il trend delle nascite è stato segnato da una significativa riduzione, con un calo del 21% rispetto al 2009. Questa forte denatalità, unitamente ad una oggettiva carenza di professionisti di ambito materno/neonatale, sta cambiando in modo importante lo scenario del nostro territorio, ed obbliga ad una riflessione su alcuni elementi dell’Accordo del 2010, ferma restando – è bene ribadirlo – la necessità di mantenere invariato il paradigma organizzativo volto alla sicurezza ed alla qualità dell’offerta per la donna e per il neonato. Da altro punto di vista, sempre in questi stessi anni, è significativamente migliorata la capacità delle Istituzioni sanitarie di raccogliere dati ed elementi di misura sui processi assistenziali e sui risultati clinici.

La coincidenza di questi due elementi (denatalità e ampia disponibilità di dati epidemiologici) potrà, dunque, consentire al Ministero della salute, con l’ausilio del Comitato Percorso Nascita nazionale ed in condivisione con le Regioni, di ridisegnare l’architettura della rete dei Punti di Offerta, ospedalieri e territoriali, nell’ambito Materno Infantile.

Partendo dai dati dei flussi correnti, mediante analisi statistico epidemiologiche, si potranno infatti definire, con accettabile predittività, gli elementi utili sia a individuare i principali aspetti strutturali e organizzativi dei Punti nascita, sia ad identificare i parametri necessari per disegnare una rete di offerta ottimale per l’assistenza alle donne ed ai neonati, nonché per creare un forte collegamento circolare Territorio/Ospedale/Territorio nelle fasi pre e post partum. Concludo, dunque, confidando che questo cambiamento di prospettiva – che potrà essere condiviso con le Regioni già in sede di rinnovo del Patto per la Salute – possa portare a soluzioni innovative, in grado di garantire un servizio di massima prossimità, pur in un regime di invariata attenzione alla sicurezza delle donne e del nascituro”. 

Una risposta che non ha soddisfatto l’ex ministro della Salute che ha così replicato: “Presidente, non posso ritenermi soddisfatta, ma non posso neanche chiedere un’interlocuzione più approfondita al Ministro Fraccaro, che non è il Ministro della Salute. Mi dispiace, perché purtroppo è già più di un mese che cerchiamo di interloquire col Ministro della Salute su questo tema.  La risposta che noi vorremmo avere è se intendete o meno riaprire i punti nascita che sono stati chiusi perché non solo stavano sotto i 500 parti l’anno, ma stiamo parlando di 120-250 parti l’anno, cioè un parto ogni cinque, sei giorni. Non c’è organizzazione regionale che tenga che possa assicurare una rete neonatologa infantile pediatrica e di assistenza di rianimazione alla madre su questi temi. Tutte le società scientifiche interessate, in particolare quella di ginecologia e ostetricia e di pediatria si sono espresse negli ultimi mesi in modo molto chiaro al riguardo.  Quindi, ben venga lavorare sul decremento delle nascite per cercare di dare continuità assistenziale prima e post parto, cioè con un’assistenza sui territori, soprattutto nelle aree disagiate, ma certamente non possiamo scaricare sulle regioni il tema politico, che dovrebbe riguardare e investire tutti quanti noi. Cioè, quando c’è da chiudere un punto nascita perché non c’è la sicurezza per la mamma e il bambino, è un tema di un’intera comunità, che non può essere rimpallato con uno scambio di responsabilità tra Governo e regioni, perché così alla fine chi ci rimette sono i più fragili, cioè i bambini e le donne incinte”.

Fonte: A.O.G.O.I. – Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani – http://www.aogoi.it

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