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Dottoressa Ambra Garretto Milano

Età fertile

L’età fertile corrisponde al periodo della vita in cui la donna è in grado di procreare. Comprende gli anni dalla prima mestruazione fino alla menopausa e quindi in Italia circa dai 12 ai 50 anni. Ricordiamo però che è molto difficile anche se non impossibile, l’instaurarsi di una gravidanza nei periodi estremi dell’età fertile. L’adolescente ai primi cicli mestruali, infatti, ha spesso irregolarità legate al fatto che le ovaie sono ancora in via di maturazione e vi sono talvolta cicli anovulatori. La donna oltre i 40 anni invece ha quasi sempre una riserva ovarica diminuita, indice di scarsa quantità e qualità ovarica, che rende difficoltoso il concepimento. In questa fase si presenta la più alta percentuale di aborti precoci e gravidanze complicate che rendono più difficile portare la gravidanza a termine.
Nella nostra società abbiamo assistito a una progressiva diminuzione della natalità. Pertanto la donna in età fertile resta nella maggior parte dei suoi anni una paziente ad attenzione ginecologica più che ostetrica. La donna quindi trascorre la maggior parte dei suoi anni non incinta, pur essendo potenzialmente in età fertile, con le problematiche legate a questo periodo.
 

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GINECOLOGIA

Specializzazione della medicina che si occupa del normale funzionamento (fisiologia) e della patologia dell’apparato genitale femminile che comprende vulva, vagina, utero, ovaie, tube di Falloppio e pelvi in generale. La vita ginecologica di una paziente in età fertile può essere totalmente asintomatica (Prevenzione) o può talvolta andare incontro a patologie più o meno transitorie e più o meno serie.
 

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PRINCIPALI PATOLOGIE E DISTURBI
 

  • VULVOVAGINITI: per vaginite intendiamo un’infiammazione della vagina di tipo acuto o cronico. Quando l’infiammazione si estende anche alla vulva, parliamo di vulvovaginite. Possono essere di origine infettiva (micotica, batterica o mista) o non infettiva. Si manifestano con sintomi comuni come prurito, bruciore, perdite più o meno maleodoranti (leucorrea), disuria (difficoltà alla minzione), dispareunia (rapporti dolorosi), piccoli sanguinamenti al di fuori del ciclo mestruale. Sono facilmente risolvibili con la giusta cura se viene individuato in maniera corretta l’agente eziologico. In caso contrario possono cronicizzare e ripresentarsi più volte nell’arco di un anno, più facilmente durante la stagione calda, dopo i rapporti sessuali e nei giorni che precedono la mestruazione.
     

  • VULVODINIA: è una condizione patologica che interessa la vulva. I sintomi possono essere molteplici e diversi da donna a donna (dolore, bruciore, fastidio). Pur non manifestando lesioni fisiche riconoscibili ad occhio nudo, se non talvolta un piccolo arrossamento della zona chiamata vestibolo, è una condizione che va riconosciuta precocemente perché può influenzare negativamente la qualità di vita della paziente. La genesi è solitamente infiammatoria in risposta a lievi danni, innocui e comuni nella vita di una donna di tutti i giorni, che normalmente non causerebbero alcuna sintomatologia.
     

  • VAGINISMO: è un disturbo sessuale fisico e psicosomatico. Si manifesta con una contrazione riflessa e involontaria dei muscoli del perineo, vulva e vagina, tale da impedire la penetrazione durante i rapporti sessuali e spesso anche durante la visita ginecologica. Anch’essa va riconosciuta precocemente e richiede un approccio multidisciplinare tra ginecologo e psicologo. Il vaginismo non comporta conseguenze a livello fisico ma nella maggior parte dei casi psicologiche, compromettendo la relazione di coppia e la ricerca di un’eventuale gravidanza.
     

  • MIOMI UTERINI: comunemente chiamati fibromi, sono delle alterazioni della parete muscolare uterina, dovute a un’anormale crescita. Si calcola che circa il 70% delle donne ne soffra nel corso della vita e una piccolissima percentuale (0,5%) può trasformarsi in tumore maligno. Sono spesso asintomatici fino a dimensioni più importanti e solitamente vengono diagnosticati dal ginecologo solo grazie alla visita e all’ecografia transvaginale. Le cure sono molteplici, dalla semplice osservazione e follow up al trattamento medico o embolizzazione ed intervento chirurgico a seconda di sede e dimensione.
     

  • POLIPI ENDOMETRIALI-CERVICALI: sono delle neoformazioni, nella maggior parte dei casi, benigne, sporgenti che originano dall’endometrio ed aggettano in cavità uterina (endometriali) o nel collo dell’utero (cervicali). Possono essere asintomatici, anche se tipicamente si manifestano con un sanguinamento dopo i rapporti sessuali e solitamente a metà del ciclo mestruale, in corrispondenza dell’ovulazione. Le dimensioni sono variabili da pochi millimetri a più centimetri. Vengono diagnosticati grazie alla visita ginecologica, quando sporgenti dall’orifizio uterino esterno, soprattutto tramite l’ecografia transvaginale. La loro rimozione prevede un piccolo intervento chiamato isteroscopia.
     

  • CISTI OVARICHE: sono raccolte di liquido, sangue o tessuti vari, circondate da una parete molto sottile, all’interno dell’ovaio. Sono lesioni principalmente benigne e nella maggior parte dei casi funzionali, ovvero legate al ciclo mestruale normale della donna. Altri tipi comuni di cisti ovariche possono essere quelle endometriosiche, dermoidi, i cistoadenomi sierosi o mucinosi. I casi di malignità sono più frequenti in cisti di grandi dimensioni e nella post menopausa. Nella maggior parte dei casi asintomatiche, possono altresì causare dolore e gonfiore addominale o alterazioni del ciclo mestruale. Vengono riconosciute tramite la semplice ecografia transvaginale pelvica che nella maggior parte dei casi ne individua anche la natura. Il trattamento prevede l’osservazione nel tempo (follow up) od il trattamento medico, solo in casi selezionati la chirurgia.
     

  • INFEZIONE DA HPV (PAPILLOMA VIRUS): riconosciamo oltre 100 varietà diverse di papilloma virus umano responsabili si verruche cutanee, condilomi e papillomi. L’infezione da HPV è molto frequente nella vita di una donna e nella maggior parte dei casi, regredisce spontaneamente. Una piccola quota invece può evolvere, nel tempo, verso il tumore del collo dell’utero, unico tumore in cui riconosciamo la causa eziologica e che quindi possiamo ampiamente prevenire. L’infezione si trasmette essenzialmente tramite i rapporti sessuali in persone con un sistema immunitario deficitario o vulnerabile in un particolare momento della vita (gravidanza, stress, patologie debilitanti, ecc). A seconda del ceppo virale che viene trasmesso a livello genitale, la donna può manifestare condilomi, ovvero piccole escrescenze disposte a grappolo, in regione vulvare, vaginale e perianale. Possono essere asintomatiche o la donna può accorgersene durante l’igiene intima o allo sguardo proprio o del partner, raramente sviluppano sintomi come prurito o fastidio. Se invece vengono trasmessi i genotipi più virulenti, chiamati ad alto rischio, possiamo ritrovare lesioni sul collo dell’utero di varie entità fino al tumore del collo dell’utero. La trasmissione dell’infezione è prevenibile evitando la promiscuità sessuale e favorendo l’uso del preservativo. È pertanto fondamentale per tutte le donne, dall’inizio dei rapporti sessuali, una visita annuale con pap test ed eventuale HPV test. Si potranno così individuare le lesioni, se presenti, precocemente e avviare un follow up e trattamento. Da alcuni anni è a disposizione un vaccino che copre i ceppi più virulenti (4 ceppi o 9 ceppi); andrebbe promosso e somministrato in entrambi i sessi prima dell’inizio dell’attività sessuale o prima possibile, per ridurre il rischio di contagio.
     

  • DISTURBI DEL CICLO MESTRUALE: premettiamo che un ciclo mestruale regolare dura dai 25 ai 36 gg con una media di 28 gg, diversa da soggetto a soggetto, e il flusso può variare dai 2 ai 7 giorni con un volume tra i 35 e gli 80 ml. Il ciclo tende a cambiare con le fasi della vita della donna e, per avere un’idea di eventuali cambiamenti, è sempre meglio appuntare il giorno di inizio di ogni ciclo.
    Le alterazioni del ciclo mestruale comprendono:
    – anomalie del ritmo (oligomenorrea -cicli che ritardano-, polimenorrea -cicli che anticipano-, amenorrea -assenza del ciclo-);
    – anomalie di quantità (ipomenorrea -mestruazioni scarse-, ipermenorrea -mestruazioni abbondanti-, menorragie -mestruazioni più lunghe-);
    – anomalie di presentazione (metrorragie -perdite ematiche tra un ciclo e l’altro- e menorragie).
    Tali disturbi possono essere sintomi di diverse patologie come squilibri ormonali, distiroidismi, endometriosi, cisti ovariche, sindrome dell’ovaio policistico, ecc. In ogni caso, in seguito al riscontro di un’alterazione del ciclo, la donna deve sottoporsi a visita ed ecografia che mirerà all’individuazione della causa e, se possibile, la risoluzione del problema.
     

  • ENDOMETRIOSI: per endometriosi intendiamo la presenza di tessuto endometriale al di fuori della cavità uterina; le sedi più comuni sono le ovaie, la pelvi, la vescica ma le localizzazioni possono essere anche molto lontane dalla pelvi. È una malattia molto invalidante per la quotidianità della donna, la sua vita sessuale e riproduttiva: la maggior parte delle pazienti infatti riferiscono importanti dolori durante la mestruazione (dismenorrea), durante i rapporti sessuali (dispareunia), talvolta durante defecazione (dischezia) e minzione (disuria); sono spesso pazienti infertili.
    La diagnosi si basa sulla storia clinica della paziente e sulla rilevazione delle lesioni tipiche alla visita ginecologica e all’ecografia. Solo l’esame istologico, successivo a laparoscopia, permette però la diagnosi di certezza. I trattamenti sono molteplici: la terapia medica trova ampio spazio anche per la preservazione della fertilità, la terapia chirurgica rimane fondamentale a seconda dello stadio di malattia. Dirimente è quindi riconoscere e trattare precocemente questa patologia, al fine di limitare la sua estensione e di migliorare la qualità di vita delle pazienti.
     

  • PROLASSO VESCICALE-UTERINO-RETTALE: consiste in un abbassamento-fuoriuscita degli organi pelvici (vescica-utero-retto) attraverso la vagina a causa di aumento della pressione addominale e/o un indebolimento del pavimento pelvico (lesione dei tessuti sospensori degli organi pelvici). È più frequente in donne con pregressi parti vaginali ed in tutte le condizioni che determinino un aumento della pressione addominale come obesità, stitichezza, tosse, ecc.
     

  • INCONTINENZA: perdita involontaria di urina. Distinguiamo incontinenza da sforzo, cioè perdita di urina legata a piccoli sforzi come uno starnuto, un colpo di tosse, il sollevare un peso anche di lieve entità, ecc; parliamo invece di incontinenza da urgenza quando in seguito allo stimolo urinario, vi è una necessità impellente di mingere e talvolta la donna non riesce ad arrivare ai servizi in tempo. L’incontinenza da urgenza dipende da un’ipercontrattilità del muscolo detrusore della vescica, quella da stress, invece, deriva da un’ipermobilità uretrale e da una riduzione del tono dello sfintere uretrale. In entrambi i casi si tratta senza dubbio di una condizione invalidante per la quotidianità della donna ma nella maggior parte dei casi risulta essere risolvibile o quantomeno migliorabile.

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Esami

Visita ginecologica:

comprende anamnesi e visita interna bimanuale della paziente. Permette di prevenire molti disturbi legati alla sfera ginecologica.

Tramite la visita è possibile visualizzare la conformazione dei genitali interni ed esterni e loro eventuali anomalie morfologiche o funzionali.

Ecografia pelvica transvaginale:

è un esame semplice, usato per diagnosi e prevenzione, non doloroso e poco invasivo che permette, tramite una sonda ecografica che viene posta in vagina di pazienti che abbiano già avuto il primo rapporto sessuale, di visualizzare gli organi pelvici interni e quindi vescica, utero e ovaie, individuando eventuali anomalie o patologie. Il risultato viene consegnato alla paziente contestualmente alla visita. È consigliabile alle donne di tutte le età compresa la menopausa.

Ecografia transvaginale 3D-4D:

si tratta della classica ecografia transvaginale, effettuata con una sonda specifica, appunto tridimensionale. Permette la visualizzazione dell’utero in tre dimensioni. L’ecografia 4D è la tridimensionale in movimento in tempo reale. Si utilizza per la diagnosi di malformazioni uterine che coinvolgano la cavità endometriale come utero setto, bicorne, didelfo, ecc. Si effettua solitamente in fase premestruale quando la parete endometriale è più spessa e l’immagine risulta essere più performante.

Pap test o test di Papanicolaou:

il principale test di screening per il tumore della cervice uterina.

Si effettua, con minimo fastidio durante la visita, prelevando cellule della cervice uterina esterna e interna, andandole poi a fissare su un vetrino.

Serve per indagare eventuali alterazioni delle cellule del collo uterino. Il risultato viene consegnato alla paziente in circa 2 settimane.

HPV test:

Si effettua a completamento diagnostico dopo un pap test alterato o come test di screening di secondo livello in pazienti a rischio.

Si effettua prelevando, tramite un tampone, cellule della cervice uterina, sulle quali viene poi ricercata la presenza del DNA del Papillomavirus.

Tamponi vaginali e cervicali:

sono test specifici per individuare la presenza-assenza di patogeni (batteri o miceti) all’interno della vagina o del collo dell’utero.

Si effettua tramite un piccolo tampone che viene inserito in modo totalmente indolore in vagina o nella cervice uterina tramite uno speculum. Il risultato viene fornito con tempistiche diverse a seconda del test, in ogni caso non oltre i 10 giorni.

Sonoisterografia:

è un esame ecografico transvaginale, ambulatoriale, effettuato da un ginecologo esperto, che consente lo studio della cavità uterina.

Permette di misurare correttamente lo spessore della parete endometriale e di diagnosticare od escludere patologie endocavitarie come polipi endometriali o miomi intracavitari. L’esame si effettua successivamente ad un dubbio ecografico posto con una semplice ecografia routinaria di primo livello. Si esegue nei primi giorni del ciclo, in ogni caso in fase preovulatoria; non crea dolore alla paziente, e fornisce un risultato immediato ed operatore-dipendente. Sarà sufficiente inserire un sottile catetere monouso in cavità uterina tramite il quale si iniettano circa 10 cc di soluzione fisiologica sterile. La fisiologica, infatti, funziona come mezzo dilatatore della cavità uterina che, distendendosi, rivela eventuali anomalie.

Isterosalpingografia:

È un esame radiografico che ha la finalità di visualizzare la morfologia uterina e la pervietà tubarica. Si effettua pertanto, tramite il servizio di radiologia, solitamente ospedaliero, senza necessità di anestesia, inserendo del mezzo di contrasto iodato in utero attraverso un cateterino che passa in vagina e collo dell’utero. Va effettuata nei primi giorni del ciclo mestruale e risulta essere un esame fondamentale nelle donne che cercano prole da tempo, per chiarire eventualmente la causa dell’infertilità.

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OSTETRICIA

Specializzazione della medicina che si occupa della gravidanza a decorso non complicato (fisiologica) e patologica, ma anche del parto e del puerperio (i 40 giorni dopo il parto).

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GESTIONE DELLA GRAVIDANZA FISIOLOGICA
 

La gravidanza fisiologica può essere seguita da un ginecologo o meno comunemente da un’ostetrica. Il curante può essere un ginecologo privato o un ginecologo-ostetrico ospedaliero o consultoriale.
 

Durante tutta la durata della gravidanza è consigliato eseguire visite ostetriche, esami ematochimici e strumentali:
 

  • I trimestre:
    o Visita Ostetrica mensile: durante la visita ostetrica il ginecologo valuta lo stato generale della donna e offre un valido aiuto per tutti i dubbi che possono sorgere nei primi momenti dal riscontro di una gravidanza.
    o Ecografia del I trimestre (datazione gravidanza, riconoscimento sede, numero di embrioni, presenza di battito cardiaco fetale).
    o Esami di laboratorio: Esami volti ad analizzare il funzionamento di partenza degli organi materni e lo stato di salute infettivologica peri-concezionale.
    o Test di diagnosi prenatale: in base all’età e allo stato di salute generale il ginecologo saprà indirizzarvi verso il migliore test di screening per voi.
     

  • II trimestre:
    o Visita Ostetrica mensile: nel secondo trimestre la donna si trova davanti ad un corpo che cambia, le visite mensili saranno un utile supporto per le future mamme.
    o Ecografia Morfologica: volta all’analisi della morfologia fetale l’ecografia del secondo trimestre mira alla valutazione e alla visualizzazione di tutte le parti del corpo del feto visibili all’esame ecografico.
    o Esami di laboratorio: nel secondo semestre gli esami di laboratorio hanno lo scopo di studiare come il corpo si è adattato alla gravidanza e se si sono sviluppate delle patologie che la gravidanza può indurre nella donna.
     

  • III trimestre:
    o Visita ostetrica mensile: l’ultimo trimestre è il periodo di preparazione al parto, il ginecologo saprà darvi i migliori consigli per una preparazione adeguata ed indirizzandovi verso le strutture più idonee alle vostre esigenze.
    o Ecografia morfologica e della crescita: volta a studiare la crescita corretta e lo sviluppo armonico del vostro bambino.
    o Esami di laboratorio: sono gli esami che serviranno al momento del parto sia per un inquadramento materno sia per un corretto orientamento diagnostico nel caso si dovessero presentare problematiche nel neonato.
     

Tutte le ecografie possono essere eseguite dal ginecologo curante o presso strutture ospedaliere o convenzionate, sicuramente consigliabile una mano esperta.

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La Dr.ssa Ambra Garretto offre una visita ostetrica, solitamente mensile, completa di consulenza, visita ginecologica, visione e prescrizione esami ematici, rilevazione del peso e della pressione arteriosa, ecc. Ogni visita prevede anche un’ecografia ostetrica “office” per valutare il benessere fetale, la quantità di liquido amniotico, la posizione del feto e della placenta. È poi sempre possibile esporre tutti i dubbi e chiarimenti che occorrono nel mese.

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GESTIONE DELLA GRAVIDANZA PATOLOGICA
 

La gravidanza patologica deve necessariamente seguita da un ginecologo curante (non ostetrica) e, a seconda della patologia, in struttura ospedaliera o in studi privati con una cadenza più stretta; la Dr.ssa Garretto individuata l’eventuale patologia saprà consigliarvi sul da farsi.

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PRINCIPALI PATOLOGIE DELLA GRAVIDANZA
 

  • MINACCIA DI ABORTO: La minaccia d’aborto è una condizione clinica piuttosto frequente ed è caratterizzata dalla presenza di perdite ematiche uterine e dolori durante i primi 180 giorni di gravidanza. Tale condizione configura un rischio, a breve termine, di interruzione spontanea della gravidanza.
     

  • GRAVIDANZA GEMELLARE: è una gravidanza in cui siano presenti due o più feti. Può essere dizigotica (due uova fecondate da due spermatozoi diversi) o monozigotica (una cellula uovo fecondata da uno spermatozoo che poi va incontro a divisione successiva).
    Se la divisione dell’ovulo fecondato si ha entro 60 ore dalla fecondazione si avranno due placente e due sacchi amniotici, si avrà quindi una gravidanza bicoriale biamniotica. Se la divisione dell’embrione avviene tra il 4º e 8º giorno dalla fecondazione si avrà una sola placenta e si definisce gravidanza monocoriale biamniotica. Se la divisione avviene dopo l’8º giorno ma prima del 13° si avrà una sola placenta ed un solo sacco amniotico: gravidanza monocoriale monoamniotica.
    La diagnosi di gravidanza multipla può essere fatta con certezza a circa 7 settimane di gravidanza con l’ecografia transvaginale.
     

  • DIFETTI DELL’ACCRESCIMENTO: i difetti di accrescimento fetale possono essere di due tipi: in eccesso o in difetto.
    Macrosomia fetale: si definisce macrosoma un neonato con un peso alla nascita superiore ai 4 kg; è una situazione prevedibile con le ecografie ostetriche ed è spesso causata da patologie indotte dalla gravidanza come il diabete gestazionale.
    IUGR: la restrizione della crescita intrauterina è una situazione in cui un feto non riesce a raggiungere il suo potenziale genetico di crescita e si ha come esito un neonato che pesa meno rispetto alla media dei suoi coetanei; è frequentemente causato da un malfunzionamento della placenta ma può anche essere provocato da una serie di fattori ambientali come un’infezione trasmessa dalla madre, gestazioni multiple, fumo di sigaretta in gravidanza, o fattori genetici come le anomalie cromosomiche.
     

  • DIABETE MELLITO – DIABETE GESTAZIONALE (GDM): il diabete è una patologia il cui risultato è un’aumentata glicemia (livello di glucosio nel sangue). Questa condizione può essere già presente prima dell’inizio della gravidanza (Diabete mellito – tipo 1) oppure può essere indotta dalla gravidanza (Diabete gestazionale). Durante la gravidanza è fondamentale seguire tutti i consigli che il ginecologo vi fornirà per evitare l’insorgenza di complicanze materne e fetali. Per quanto riguarda la mamma, quando il diabete gestazionale non è controllato, il bambino potrebbe crescere più del dovuto e questo potrebbe causare problemi al momento della nascita, con il rischio di un parto difficile e di emorragie materne post partum. Per il bambino, il diabete gestazionale può provocare sofferenza fetale e problemi alla nascita legati sia al parto stesso (ad esempio distocia di spalla), sia ad un mal adattamento metabolico con gravi rischi di ipoglicemia, perché il neonato viene all’improvviso privato degli alti livelli di zuccheri forniti dalla madre durante la gestazione. Inoltre sappiamo che il bambino, diventato adulto, avrà un maggior rischio di soffrire di diabete, obesità e ipertensione.
     

  • IPERTENSIONE E PRECLAMPSIA: si definisce ipertensione gestazionale il riscontro di pressione arteriosa maggiore di 140/90 mmHg dopo la 20°settimana. L’ipertensione si presenta in circa il 6-8% di tutte le gravidanze e contribuisce in modo significativo all’arresto della crescita del feto, nonché alla morbilità e mortalità fetale e neonatale. La Preeclampsia, invece, è una complicanza della gravidanza caratterizzata da Ipertensione gestazionale con associati proteinuria (proteine nelle urine) ed edema; questa può complicarsi ulteriormente in Eclampsia, una sindrome caratterizzata dalla comparsa di convulsioni e altre complicanze che possono mettere in serio pericolo la vita della madre e del feto. È dunque importante effettuare le visite ostetriche in cui verrà misurata la pressione per evitare che passi inosservato un aumento della pressione arteriosa.
     

  • DISTIROIDISMO (IPERTIROIDISMO – IPOTIROIDISMO – IPOTIROIDISMO SUBCLINICO): In gravidanza si può avere un alterato funzionamento tiroideo che può essere un ipofunzionamento (franco o subclinico), dovuto soprattutto ad una non capacità della ghiandola ad adeguarsi all’aumentata necessità, o un iperfunzionamento che generalmente è autoimmune.
    Poiché gli ormoni tiroidei sono cruciali per lo sviluppo del cervello e del sistema nervoso del feto, un ipotiroidismo non controllato, specialmente durante il primo trimestre, può alterare la crescita e lo sviluppo del cervello fetale. È per, questo motivo, fondamentale prenotare la prima visita ostetrica appena si scopre la gravidanza in modo che il ginecologo possa indirizzare verso gli esami più opportuni da eseguire. I distoroidismi si valutano infatti attraverso il dosaggio dell’ormone TSH, il cui valore talvolta può risultare nel range di normalità per donne al di fuori della gravidanza, mentre sappiamo siano necessari valori più bassi per il corretto andamento della gravidanza iniziale e talvolta della ricerca prole.
     

  • COLESTASI: è una patologia che insorge soprattutto nel terzo trimestre di gravidanza ma le cause non sono bene note. La sintomatologia è soprattutto la presenza di prurito fastidioso soprattutto ai palmi delle mani e alle piante dei piedi e la diagnosi è tramite il dosaggio degli acidi biliari a livello ematico. Per evitare complicanze materne e fetali è importante riferirei al ginecologo l’eventuale comparsa di questa sintomatologia.

     

GESTIONE DELLA GRAVIDANZA INDESIDERATA
 

La gravidanza indesiderata pone spesso la donna o la coppia in una situazione difficile di scelta e gestione. In Italia si ha tempo, secondo la legge 194/78, fino a 12 settimane + 6 giorni di gravidanza per effettuare la procedura.
 

L’iter prevede che la paziente si rivolga al ginecologo (consultoriale o privato non obiettore di coscienza) per effettuare un’ecografia che fornisca una datazione certa della gravidanza (può succedere che la datazione ecografica non coincida con quella calcolata in base alle ultime mestruazioni); il ginecologo stesso rilascerà alla paziente un certificato fondamentale alla procedura. La legge prevede anche che debbano passare 7 giorni tra il rilascio del certificato e la procedura. Quando la donna è in possesso di tali documenti, deve rivolgersi ai servizi specifici ospedalieri per prenotare la procedura.
 

È possibile, entro la settima settimana di gestazione, effettuare un aborto di tipo farmacologico (RU 486). Consiste nella somministrazione, sempre ospedaliera, a distanza di due giorni, di due farmaci: il mifepristone, RU 486 appunto, ed il misoprostolo. Il primo farmaco, assunto oralmente e in unica dose, determina il distacco dell‘embrione, la diminuzione del valore delle betaHCG, la dilatazione e l’ammorbidimento del collo dell’utero. Due giorni dopo si assume il misoprostolo che contiene invece prostaglandine e determina contrazioni uterine e perdita ematica per l’eliminazione del prodotto del concepimento. Due settimane dopo circa si procede con il controllo ecografico per verificare l’avvenuta e completa espulsione della gravidanza.
 

Successivamente alla settima settimana di gravidanza o per scelta della paziente, si procede con un’interruzione di gravidanza tramite raschiamento, detto anche revisione della cavità uterina, che consiste in un piccolo intervento chirurgico, solitamente in anestesia generale, in cui viene aspirato il contenuto uterino.
 

Le donne che lo richiedano possono essere supportate da un servizio psicologico per la metabolizzazione di quanto avvenuto, gesto che, anche quando scelto liberamente e consapevolmente dalla donna, può lasciare ferite profonde.
 

Dopo l’interruzione di gravidanza la donna ha comunemente il ciclo mestruale dopo un mese. È necessaria quindi la visita ginecologica con ecografia transvaginale che attesti il ripristino dello stato fisiologico di utero e ovaie e soprattutto è dirimente l’esecuzione di una corretta consulenza contraccettiva alla paziente.

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ESAMI

Translucenza nucale:

È un esame ecografico che viene effettuato tra l’11^ e la 13^ settimana di gravidanza. Questa ecografia del primo trimestre permette una valutazione su due fronti: da una parte si procede con la misurazione dello spessore della plica nucale (fessura di liquido dietro il collo del feto), dall’altra vengono visualizzati e studiati gli organi che si stanno formando nel feto, permettendo una molto precoce rilevazione di eventuali anomalie strutturali e funzionali. L’ecografia del primo trimestre è indicata per le gestanti di qualunque età, indipendentemente dalla successiva scelta di diagnosi prenatale. La sola individuazione dello spessore della translucenza nucale per individuare il rischio di malattie cromosomiche nel nascituro risulta un esame di media sicurezza, appropriato per donne che hanno un basso rischio di partenza di anomalie cromosomiche per età (inferiore ai 35 anni) o storia personale o familiare. Con questa metodica, infatti, è possibile individuare il 75-80% di feti con anomalie cromosomiche. L’accuratezza del risultato dipende soprattutto dalla bravura ed esperienza dell’operatore, che necessariamente deve possedere l’accreditamento rilasciato dalla Fetal Medicine Foundation. Nel corso dell’indagine ecografica, per rendere l’esame maggiormente performante, possono essere valutati anche altri markers aggiuntivi suggestivi per cromosomopatia (osso nasale – dotto venoso Botallo – rigurgito tricuspidale).

Ecografia morfologica:

L’ecografia morfologica od ecografia del secondo trimestre, si esegue tra 20 e 22 settimane di gestazione.

A 20 settimane infatti il feto è cresciuto abbastanza ed è possibile visualizzare bene tutti gli organi fetali, e sicuramente in modo più accurato rispetto all’ecografia del primo trimestre, che resta però una fondamentale prima indagine.

La morfologica, come suggerisce appunto il suo nome, permette di verificare la normalità dell’anatomia del feto e le sue dimensioni, nonché, con certezza, il sesso del bambino.

Si determinano inoltre la posizione della placenta, la quantità di liquido amniotico e la posizione fetale (cefalico o podalico).

Ecografia della crescita fetale:

L’ecografia del terzo trimestre o crescita fetale, si esegue tra la 30 e la 34 settimana di gravidanza.

Viene così chiamata perché aveva il principale scopo di valutare come il feto sta crescendo.

A quest’epoca però, resta fondamentale il controllo del benessere fetale, che seppur già eseguito durante l’ecografia morfologica, può rilevare patologie evolutive, e quindi non visualizzabili in epoche più precoci.

Ecografia ostetrica 3D-4D:

È un’ecografia ostetrica effettuata con una sonda apposita. La 3D fornisce un’immagine statica, una fotografia, la 4D, invece, fornisce un filmato, in pratica è la 3D in movimento. E’ consigliabile eseguire questo tipo di ecografia intorno alla 25-28 settimana di gravidanza. E’ un’indagine che non aggiunge nulla, rispetto alle precedenti, dal punto di vista del benessere fetale, ma solitamente soddisfa la curiosità dei futuri genitori poiché permette la visualizzazione del viso del bimbo prima della nascita. Non sempre però purtroppo può essere ottenuta una bella immagine: dipende infatti dalla posizione fetale, dall’eventuale interposizione di arti, placenta o cordone, e dallo spessore del tessuto adiposo materno!

Test combinato
(duo test – bi test):

È un test effettuato tra l’11^ e la 13^ settimana di gravidanza. Consiste nell’abbinamento tra translucenza nucale e dosaggio della concentrazione sierica, nel sangue materno, di due proteine prodotte dalla placenta: Free-β-hCG (frazione libera della gonadotropina corionica) e PAPP-A (proteina A plasmatica associata alla gravidanza). L’esame,così effettuato, fornisce una stima di rischio di anomalie cromosomiche per quella mamma e quel particolare feto. Rimane un esame probabilistico ma sicuramente più attendibile rispetto alla sola translucenza nucale. La sensibilità del test combinato è del 90%, con una percentuale di falsi positivi del 5%. E’ un test indicato principalmente per donne di età inferiore ai 35 anni, dove la probabilità di difetti cromosomici del nascituro è bassa seppur sempre presente.

Villocentesi:

La villocentesi è l’analisi di certezza più precocemente effettuabile. Si esegue, infatti, intorno alla 12^ settimana di gravidanza, mediante prelievo ecoguidato dei villi coriali placentari attraverso un ago lungo che punge l’addome materno e quindi l’utero. I villi coriali vengono quindi analizzati in laboratori specializzati per ricercare eventuali anomalie cromosomiche. Il rischio di aborto conseguente all’esecuzione del prelievo è circa 1% ed è legato principalmente alla contrattilità uterina in seguito alla procedura o alla procedura stessa; si possono verificare perdite di sangue o liquido dai genitali, contrazioni, infezioni o febbre. Per minimizzare i rischi è mandatorio il riposo nei giorni successivi alla procedura, almeno 3 ma meglio 5. I rischi materni sono rari. Il rischio d’aborto diminuisce sensibilmente se la procedura viene effettuata da mani esperte. È indicata in madri che abbiano superato i 35 anni di età e/o con una storia personale o famigliare positiva per malattie cromosomiche, nonché a coppie con esito del test su DNA fetale non rassicurante.

Amniocentesi:

L’amniocentesi, così come la villocentesi, permette diagnosi certa di anomalie cromosomiche e questo a tutt’oggi l’elemento cardine che la contraddistingue dai test del Dna fetale su sangue materno. Viene effettuata mediante prelievo ecoguidato di liquido amniotico a 15-16 settimane di gravidanza, attraverso un ago lungo che punge l’addome materno e quindi l’utero. Le cellule presenti nel liquido amniotico vengono analizzate, in laboratori specializzati, per ricercare eventuali anomalie cromosomiche. Le complicanze più frequentemente osservate dopo l’amniocentesi sono l’aborto e/o la rottura del sacco amniotico. Il rischio di aborto è stimato essere tra lo 0,5 e l’1%. La rottura del sacco amniotico avviene in genere entro 2-3 giorni dall’esame e in con una incidenza di 1 caso ogni 300 donne. Anche successivamente ad amniocentesi si possono verificare perdite di sangue o liquido dai genitali, contrazioni, infezioni o febbre. Per minimizzare i rischi è mandatorio il riposo nei giorni successivi alla procedura, almeno 3 ma meglio 5. I rischi materni sono rari. Il rischio d’aborto diminuisce sensibilmente se la procedura viene effettuata da mani esperte. È indicata in madri che abbiano superato i 35 anni di età e/o con una storia personale o famigliare positiva per malattie cromosomiche, nonché a coppie con esito del test su DNA fetale non rassicurante.

Ricerca del dna fetale su sangue materno:

Mediante un prelievo di sangue, già a partire dalla 10^ settimana di gravidanza (è però consigliabile eseguirlo intorno alla 11-12^ settimana), è possibile effettuare l’analisi del DNA fetale libero e circolante nel sangue materno ed identificare eventuali difetti cromosomici del feto. Sappiamo infatti che il feto rilascia, nel sangue della mamma, piccole quantità del suo DNA, ed è questo che viene poi separato in laboratorio dal sangue della mamma, per identificare il DNA appunto fetale. Esistono test di diversa completezza di indagine; il test “base” individua le anomalie cromosomiche più frequenti (le trisomie 21, 18, 13 o le aneuploidie dei cromosomi sessuali X e Y), il test “Karyo” studia le eventuali anomalie di tutti i cromosomi ed un nuovo test “Gene Safe”, da abbinare ai precedenti, individua le più frequenti anomalie geniche ereditarie e di nuova insorgenza. Con questa analisi è possibile conoscere il sesso del concepito e, su richiesta, sapere, in caso di madre Rh negativa, se il concepito è Rh positivo o negativo. L’attendibilità diagnostica è direttamente correlata alla quantità di DNA fetale analizzabile (frazione fetale) e varia a seconda del cromosoma studiato (ad esempio, 99% per trisomia 21, 18, 13 – 95% monosomia X). La ricerca del DNA fetale presente nel circolo materno è un test diretto e non una valutazione statistica del rischio, ma è importante ricordare che si distingue dai test di certezza identificati come amniocentesi e villocentesi che forniscono esiti con accuratezza del 100%. In caso di risultato patologico è fondamentale l’approfondimento con tecniche di diagnosi prenatale invasiva (amniocentesi) per confermare l’esito in quanto, seppur molto attendibile, ribadiamo che rimane un test di screening. Il test è indicato a tutte le età e maggiormente a donne con un rischio più elevato in base all’età.

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INFERTILITÀ

Per infertilità definiamo l’assenza di concepimento dopo 12 mesi di rapporti non protetti e frequenti. Il limite si abbassa a 6 mesi per le donne di oltre 35 anni e se coesistono fattori di rischio come pregressi interventi pelvici, endometriosi, pregressa malattia pelvica (PID). Importante ricordare che per la specie umana la possibilità di concepimento ogni mese si aggira intorno al 25-30 % e che questa percentuale decresce con l’età dei partner.
 

Una piccola percentuale di coppie infertili viene invece definita sterile se vi sono condizioni che rendano impossibile l’ottenimento della gravidanza.

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ORIGINE


MASCHILE: legata alle caratteristiche del liquido seminale maschile; si può produrre un basso o assente numero di spermatozoi, oppure essi non possiedono caratteristiche di forma o movimento adatti alla fecondazione, presentano anomalie strutturali o il paziente produce anticorpi che agiscono contro gli spermatozoi.

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FEMMINILE:

  1. ovulatoria-ormonale: mancanza o irregolarità dell’ovulazione, ridotta riserva ovarica, sindrome dell’ovaio micropolicistico o policistico, iperprolattinemia

  2. endometriosi: presenza di tessuto endometriale al di fuori della sua sede abituale ovvero a livello del miometrio uterino, overico, tubarico, pelvico, vescicale ecc. Questa patologia può essere talvolta asintomatica ma riduce in modo importante la possibilità di concepimento

  3. tubarica-pelvica dovuta a ostruzione o chiusura delle tube di Falloppio o ad aderenze pelviche

  4. uterine: malformazioni congenite dell’utero, miomi, polipi endometriali o cervicali

  5. genetica: malattie cromosomiche o genetiche


MISTA: maschile e femminile.
 

IDIOPATICA: circa il 10% delle coppie non riconosce, dopo le indagini, la causa dell’infertilità.

ESAMI

Le coppie infertili vengono spesso sottoposte a molte diverse indagini.

Gli esami di primo livello comprendono visita, ecografia transvaginale in fase proliferativa, pap test, esami ormonali per valutare la fertilità, esame del liquido seminale.

A questi si possono aggiungere indagini più specifiche e indirizzate alle tecniche di procreazione assistita come l’isteosalpingografia: esame radiologico per valutare la pervietà tubarica, l’ecografia della mammella, esami ematici per malattie infettive, ecc.

TRATTAMENTI

Omologhi: entrambi i gameti appartengono alla coppia:
 

  1. rapporti mirati: si induce la coppia ad avere rapporti più frequenti in prossimità dello scoppio del follicolo ovarico che viene monitorato ecograficamente.

  2. inseminazione intrauterina (IUI): procedura medicalizzata di primo livello in cui la donna viene stimolata ormonalmente al fine di ottenere l’ovulazione che viene seguita dal punto di vista ecografico. Si induce lo scoppio del follicolo e contestualmente si introduce in cavità uterina il seminale del partner accuratamente preparato in laboratorio.

  3. fecondazione in vitro (FIVET-ICSI): procedura medicalizzata di secondo livello in cui la donna viene stimolata ormonalmente al fine di ottenere la maturazione di più follicoli ovocitari in uno stesso ciclo. Tale crescita follicolare viene seguita dal punto di vista ecografico; quando i follicoli raggiungono la corretta dimensione, viene effettuato un piccolo intervento alla donna che consente il prelievo ovocitario (PICK UP) attraverso la vagina. Gli ovociti cosi ottenuti vengono fecondati in laboratorio con il seminale del partner. Si procede successivamente al trasferimento in utero degli embrioni ottenuti, solitamente due (TRANFERT).
     

Eterologhi: uno dei due gameti od entrambi appartengono ad un donatore anonimo

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